Metabasis N. 36
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Fragmente 4

Rezensionen

A cura di Silvio Berardi e Giangiacomo Vale, Ripensare il federalismo. Prospettive storico-filosofiche

Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2013, pp.220

Daniele Peloso

Il volume raccoglie gli Atti del Convegno Ripensare il federalismo tenutosi a Roma nell’ottobre del 2012 che ha visto la partecipazione di storici e filosofi della politica. Ne è scaturita un’interessante e vivace raccolta di saggi attorno al tema in questione che i due curatori hanno separato in due sezioni, quella filosofico-politica e quella storica, ognuna preceduta da una breve introduzione. La necessità di un ripensamento del federalismo è ciò su cui è chiamato a riflettere il lettore, che è messo di fronte a un’evidenza: la teoria e la prassi federalista appaiono al giorno d’oggi tanto più confuse quanto più frequentemente ad esse ci si riferisce in modo superficiale ed indeterminato. Di qui la necessità di chiedersi «come sia da ripensare il federalismo» nel nuovo contesto della crisi degli inizi XXI secolo che ha investito l’Europa e l’Italia mettendo in evidenza l’insufficienza teorica e pratica dei concetti di sovranità popolare e rappresentanza, sempre meno in grado di soddisfare efficacemente le istanze provenienti dal basso. Le difficoltà in seno all’Unione europea, il fallimento di ogni progetto federalista in Italia e il confronto oggi globale fra culture, sono i temi che accomunano i diversi contributi. Il ricorso alla filosofia politica e alla ricerca storica appaiono in questo senso fondamentali nel tentativo di rintracciare nuove categorie teoriche e soluzioni creative capaci di contribuire alla ricerca di punti di orientamento per quelle trasformazioni che possano fare della pluralità e della partecipazione i due assi portanti di un nuovo modo di pensare il federalismo.

Tra i molti saggi presenti segnaliamo La modernità del federalismo di Claudio Bonvecchio, che ci guida con occhio accorto e fine tra le tappe del cammino del federalismo italiano, dall’epoca risorgimentale alla Costituzione repubblicana. La forma mentis dei Costituenti, irrimediabilmente statalista, viene confermata nella riforma del Titolo V del 2001, svelando l’esistenza di un pensiero coerente nell’avversare ogni possibile svolta in senso federale. Bonvecchio sottolinea con forza la crisi irreversibile dello stato nazionale ed indica la cura nella necessaria sostituzione dell’antico pactum statuale fondato sull’obœdientia et protectio, per sua stessa natura sbilanciato, con un fœdus di altro genere e specie che sia pronto ad accogliere e valorizzare le diversità di ogni ordine e grado, prima eliminate dall’appiattimento nell’uguaglianza. La vera questione, aggiunge Giulio Maria Chiodi nel suo saggio Per una mentalità federalista, è innanzitutto morale ed epistemologica, poiché il federalismo può nascere solamente dall’accordo tra il senso dell’appartenenza ad una comunità e la concreta consapevolezza dei doveri che ne derivano, e perché solo in tal modo può essere colmata quella distanza ormai siderale che separa lo stato centralizzato dal cittadino. Ma anche perché la vera posta in gioco è un cambiamento di mentalità di cui l’Europa dimostra di avere bisogno nel processo di realizzazione di quell’unione federale cui non può sfuggire, se non vuole ripudiare il suo patrimonio identitario e rinunciare ad esistere. Il federalismo è anche da ripensare come antidoto alla guerra, e in questa direzione si volge l’interessante studio di Fabrizio Sciacca (Filosofia politica e federalismo. A partire da Kant), che si interroga sulla praticabilità del pacifismo nel contesto di una costituzionalizzazione del diritto internazionale, rivolgendo in particolare l’attenzione al progetto kantiano di una federazione di liberi stati sovrani uniti in un fœdus pacificum in grado di scongiurare la guerra. Nel saggio Il federalismo e la crisi dello Stato-nazione, Paolo Bellini ci riporta all’Europa e identifica il modello federale come quello più adatto ad evitare che la macchina burocratica, omogeneizzante e accentratrice dello stato moderno si estenda su scala continentale nell’edificazione di un’Europa di tipo napoleonico. Se, sostiene avvedutamente Bellini, un’Europa veramente unita e forte deve costruirsi partendo dalla consapevolezza che la sua identità risiede nel pluralismo, allora ripensare il federalismo significa ripensare anzitutto il rapporto tra potere, rappresentanza, territorio e identità, e il percorso di integrazione europea deve optare per una prassi istituzionale che preveda tanto norme e diritti condivisi e universali secondo il modello dello ius gentium romano, quanto specifici sistemi normativi in funzione della nazionalità o gruppo etnico di appartenenza, riformulando l’idea di personalità della legge. La sezione filosofico-politica si chiude con due saggi che mettono in evidenza le radici dottrinarie del federalismo, pur da due prospettive opposte. Luca Daris ci porta nell’universo dell’Anti-federalismo giacobino attraverso la lettura dei documenti ufficiali dell’epoca, in cui il federalismo figura come una delle peggiori minacce ai progetti rivoluzionari ed egualitari, mentre Giangiacomo Vale ci introduce il pensiero controcorrente di uno dei grandi federalisti integrali del dopoguerra con il saggio La dialettica federalista in Denis de Rougemont. In un quadro teorico anti-hegeliano e fondato su una «teologia della federazione», emerge dalla polvere del tempo l’icastica figura del grande Eraclito di Efeso che sembra quasi portare su di sé il peso di una vera Unione europea che potrà sorgere solo dal superamento dal basso (federalizzazione) e dall’alto (federazione) dello stato nazionale, giungendo a fare della diversità il principio dell’unità.

La sezione storica si apre con il saggio di Giuliano Caroli Federazioni e Confederazioni nell’Europa balcanica, che prende in esame le varie proposte di federazione e di confederazione nell’Europa orientale ponendo l’accento sugli ostacoli che nel corso della storia hanno impedito la realizzazione di forme d’unione solide e durature. Nel saggio Federalismo fallimentare, Zeffiro Ciuffoletti riporta invece l’attenzione all’Italia facendo una lungimirante e disincantata ricostruzione dei vari tentativi fatti a partire dagli anni Novanta del secolo scorso nel nostro paese per attuare il federalismo. Nonostante la riforma costituzionale del 2001, la strada del federalismo all’italiana ha preso un vicolo cieco, anche a causa della mancata conversione della riforma del 2004, lasciando il paese di fronte a un assetto costituzionale inefficace e irrazionale. Ciuffoletti si inoltra nella complicata macchina degli enti locali italiani e in particolare delle regioni, le quali si dimostrano altrettanto se non maggiormente inefficienti dello stato centrale. Ciononostante, una vera ed autentica riforma dello stato rimane decisamente possibile ed auspicabile. Nel saggio La cooperazione tra Italia e Nord Africa nelle pagine di Carlo Cattaneo, Gianluigi Rossi si sofferma sull’interesse del federalista lombardo in particolare per la Tunisia, la cui costituzione del 1857 riconosce per la prima volta sul suolo africano i diritti dell’uomo e la libertà di religione, spinse lo stesso Cattaneo ad ipotizzare una cooperazione con quel paese. The Federalist: la lezione di Publius di Gigliola Sacerdoti Mariani ci porta invece alle origini del federalismo statunitense, ed ad analizzare gli scritti di Publius, pseudonimo utilizzato da Hamilton, Madison e Jay per firmare i saggi del Federalist. Finalità di Publius era quella di rendere accettabile la realtà contenuta nei sette articoli della costituzione statunitense. Chiude la sezione storica l’appassionante saggio di Silvio Berardi, L’Europa delle province di Gaetano Salvemini, in cui l’Autore, forte di un notevole apparato di fonti, illustra il progetto europeista e federalista di Salvemini, che condannava senza mezzi termini l’impianto costituzionale regionalista italiano e proponeva la nascita di una Federazione europea basata sulle province, che egli identificava come le «regioni naturali». L’istituzione del federalismo avrebbe garantito per Salvemini, inoltre, la risoluzione delle grandi problematiche del Meridione e assicurato alla sua popolazione un tenore di vita migliore.

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